Per tale problematica è utile oltre al lavoro dello Psicologo anche il supporto di un Nutrizionista che non bada semplicemente alla Dieta ma al rapporto che il paziente ha con il cibo, il contesto familiare e sociale e i momenti scatenanti i sintomi. In entrambi i manuali non riescono ancora a trovare una loro dignità diagnostica gli episodi di Disturbi del Comportamento Alimentare che si verificano senza una rilevabile associazione agli altri criteri che definiscono Bulimia ed Anoressia. Essi sono definiti per differenza e per assenza di caratteristiche. In particolar modo ciò colpisce anche per l’inclusione in questa categoria dell’Iperalimentazione compulsiva, che sembra costituire una rilevante fetta sommersa nella popolazione di persone che esprimono un loro disagio psichico attraverso il comportamento alimentare. Comunque, mentre l’ICD-10 annovera un disturbo denominato “Iperalimentazione associata con altri disturbi psicologici” in cui include l’ “iperalimentazione psicogena”, il dsm-iv parla di “Disturbi da Alimentazione Incontrollata” di cui propone i criteri di ricerca per un’eventuale proposta di una nuova entità diagnostica.
Elenchiamo qui di seguito i criteri rimanenti di entrambi i manuali e i criteri proposti per la ricerca nel dsm-iv per i Disturbi da Alimentazione Incontrollata: World Health Organization (1992): ICD-10
È qui classificata l’iperalimentazione che ha portato ad obesità, reattiva ad eventi stressanti. Lutti, incidenti, operazioni chirurgiche ed eventi emozionalmente stressanti possono essere seguiti di una “obesità reattiva”, specialmente in pazienti predisposti all’aumento ponderale.
L’obesità come causa di disturbi psicologici non va codificata qui. L’obesità può determinare un’ipersensibilità del paziente per quanto riguarda il suo aspetto e dar luogo a una mancanza di sicurezza nelle relazioni interpersonali, e l’apprezzamento soggettivo delle dimensioni corporee può essere esagerato. Per codificare l’obesità che è causa di disturbi psicologici va usata una categoria come F38 (sindrome affettiva di altro tipo), o F41.2 (sindrome mista ansioso-depressiva), o F48.9 (sindrome nevrotica non specificata), con l’aggiunta di un codice ricavato da E66 per indicare il tipo di obesità.
L’obesità come effetto indesiderato di un trattamento a lungo termine con farmaci neurolettici, antidepressivi o di altro tipo non deve essere codificata qui, ma in E66.1 (obesità indotta da farmaci), con aggiunta di un codice del Capitolo XX dell’ICD-10 (Cause Esterne), per identificare il tipo di farmaco.
L’obesità può essere la causa dell’inizio di una dieta che a sua volta dà luogo a sintomi affettivi minori (ansia, irrequietezza, astenia e irritabilità) o, più raramente, a sintomi depressivi gravi («depressione da dieta»). Per codificare questi disturbi, si deve usare il codice appropriato di F30-F39 o F40-F48 per includere i sintomi succitati, con aggiunta di F50.8, «altri disturbi del comportamento alimentare», per indicare la dieta, e di un codice ricavato da E66 per indicare il tipo di obesità. Per questo la Dieta non può essere drastica ma deve inserirsi come un elemento di normalizzazione, in questo è di molto aiuto proprio il Nutrizionista.
include: iperalimentazione psicogena.
Esclude: polifagia non altrimenti specificata (R63.2); obesità (E66).
American Psychyatric Association (1995): DSM-IV:
La categoria Disturbi della Alimentazione non Altrimenti specificati include quei disturbi dell’alimentazione che non soddisfano i criteri di nessuno specifico Disturbo della Alimentazione. Gli esempi includono:
1) Per il sesso femminile, tutti i criteri dell’Anoressia in presenza di un ciclo mestruale regolare.
2) Tutti i criteri dell’Anoressia Nervosa sono soddisfatti e, malgrado la significativa perdita di peso, il peso attuale risulta nei limiti della norma.
3) Tutti i criteri della Bulimia Nervosa risultano soddisfatti, tranne il fatto che le abbuffate e le condotte compensatorie hanno una frequenza inferiore a 2 episodi per settimana per 3 mesi.
4) Un soggetto di peso normale che si dedica regolarmente ad inappropriate condotte compensatorie dopo aver ingerito piccole quantità di cibo (es. induzione del vomito dopo aver mangiato due biscotti).
5) Il soggetto ripetutamente mastica e sputa, senza deglutirle, grandi quantità di cibo.
6) Disturbi da Alimentazione Incontrollata: ricorrenti episodi di abbuffate in assenza delle regolari condotte compensatorie inappropriate tipiche della Bulimia Nervosa.
American Psychyatric Association (1995): DSM-IV:
A. Episodi ricorrenti di alimentazione incontrollata. Un episodio di alimentazione incontrollata si caratterizza per la presenza di entrambi i seguenti elementi:
1) mangiare, in un periodo definito di tempo (per es., entro un periodo di 2 ore), un quantitativo di cibo chiaramente più abbondante di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe in un periodo simile di tempo e in circostanze simili
2) sensazione di perdita del controllo nel mangiare durante l’episodio (per es., la sensazione di non riuscire a fermarsi, oppure a controllare che cosa e quanto si sta mangiando).
B. Gli episodi di alimentazione incontrollata sono associati con tre (o più) dei seguenti sintomi:
1) mangiare molto più rapidamente del normale
2) mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni
3) mangiare grandi quantitativi di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati
4) mangiare da soli a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando
5) sentirsi disgustato verso sé stesso, depresso, o molto in colpa dopo le abbuffate.
C. È presente marcato disagio a riguardo del mangiare incontrollato.
D. Il comportamento alimentare incontrollato si manifesta, mediamente, almeno per 2 giorni alla settimana in un periodo di 6 mesi. Nota Il metodo per determinare la frequenza è diverso da quello usato per la Bulimia Nervosa; la ricerca futura dovrebbe indicare se il metodo preferibile per individuare una frequenza-soglia sia quello di contare il numero di giorni in cui si verificano le abbuffate, oppure quello di contare il numero di episodi di alimentazione incontrollata.
E. L’alimentazione incontrollata non risulta associata con l’utilizzazione sistematica di comportamenti compensatori inappropriati (per es., uso di purganti, digiuno, eccessivo esercizio fisico), e non si verifica esclusivamente in corso di Anoressia Nervosa di Bulimia Nervosa.
Una persona diventa anoressica quando, riducendo o interrompendo la propria consueta alimentazione, scende sotto l’85% del peso normale per la propria età, sesso e altezza. L’anoressia è conseguente al rifiuto ad assumere cibo, determinato da una intensa paura di acquistare peso o diventare grassi, anche quando si è sottopeso. Spesso, una persona anoressica comincia con l’evitare tutti i cibi ritenuti grassi e a concentrarsi su alimenti ‘sani’ e poco calorici, con una attenzione ossessiva al contenuto calorico e alla composizione dei cibi e alla bilancia. Frequentemente i pasti vengono evitati o consumati con estrema lentezza, rimuginando a lungo su ogni boccone ingerito. Il corpo viene percepito e vissuto in modo alterato, con un eccesso di attenzione alla forma e con il rifiuto frequente ad ammettere la gravità della attuale condizione di sottopeso.
Diagnosticare l’anoressia non è sempre semplice in soggetti molto giovani, perché i cambiamenti fisici che accompagnano l’adolescenza e che comportano squilibri di peso e altezza possono mascherarne le prime fasi. Nei bambini, è più comune che l’anoressia si manifesti attraverso altri sintomi, come la nausea e il sentimento di non fame. Nelle ragazze, invece, uno dei sintomi più classici è l’interruzione del ciclo mestruale per almeno tre mesi successivi, sintomo che però non si applica a giovani adolescenti che ancora non abbiano avuto il menarca o, al contrario, alle ragazze che prendono la pillola anticoncezionale.
L’anoressia si manifesta in due modi:
con restrizioni, determinata dalla riduzione costante della quantità di alimenti ingeriti.
con abbuffate e successiva eliminazione: alimentazione compulsiva seguita da vomito autoindotto, uso inappropriato di pillole lassative e diuretiche, iper-attività fisica per perdere peso.
La persona anoressica diventa così ossessionata dal cibo che la propria vita finisce con l’essere totalmente incentrata sulla questione alimentare, impedendo di provare interesse e entusiasmo verso qualsiasi altra cosa.
Una persona bulimica si abbuffa in modo molto diverso da quello che avviene quando normalmente si mangia troppo. Le caratteristiche tipiche del comportamento bulimico sono:
ingestione di una quantità eccessiva di cibo, a volte per un totale di diverse migliaia di calorie, in un arco di tempo molto stretto, per esempio nel giro di due ore, e solitamente di nascosto da altri
la sensazione di non poter smettere di mangiare e di non poter controllare il proprio comportamento
l’abbuffata è preceduta e seguita da uno stress emotivo molto forte
Dopo aver mangiato in modo così eccessivo, la persona bulimica generalmente si sente in colpa e tende a punirsi vomitando, ingerendo pillole diuretiche e lassativi con l’intento di dimagrire. Se questo comportamento diventa ripetitivo, ad esempio si manifesta due volte alla settimana per tre mesi, si è di fronte a un chiaro segnale di disordine alimentare. Raramente, i pazienti bulimici non si infliggono alcuna punizione.
A lungo andare, un soggetto bulimico entra in una fase di depressione e di disgusto verso se stesso e cerca di occultare il proprio comportamento agli altri, anche se la propria forma e apparenza fisica finiscono con il diventare una ossessione permanente e con l’avere forti ripercussioni sulla propria autostima. Una persona bulimica può essere di peso normale, sottopeso o sovrappeso, diversamente da una anoressica che è sempre sotto peso. Inoltre, il peso di un soggetto bulimico può variare enormemente e oscillare, fatto che può essere utilizzato come sintomo dell’esistenza di un disordine alimentare.
Oltre all’anoressia e alla bulimia, esiste anche un genere di disordine alimentare non definito. Non tutti i casi sono infatti esattamente descrivibili nell’arco dei sintomi tipici di anoressia e bulimia. Alcuni soggetti, ad esempio, iniziano con una forma di anoressia ma poi, incapaci di mantenere il basso peso, scivolano verso comportamenti bulimici. Secondo l’American Psychiatric Association, la metà dei pazienti anoressici finiscono con l’avere anche sintomi di bulimia, e in qualche caso i pazienti bulimici sviluppano comportamenti anoressici.
Sarà del Nutrizionista insieme allo Psicologo il compito di trattare al meglio questi pazienti.